E' uscito ieri, venerdì 22 Giugno,
“Made In The Sixties”, il nuovo album, di Mike Sponza, dedicato
tutto agli anni '60, quindi noi di Outsider non ce lo siamo fatte
scappare e ne abbiamo approfittato per fare due chiacchiere, con uno
che della musica la sa lunga, facendo spiegare tante curiosità
legate e non al suo disco! Buona lettura!
Ciao Mike! Il 22 Giugno esce “Made
In The Sixties”, un album che è un tributo personale agli anni
'60. Cosa ti affascina di quell'epoca? A tal punto da dedicarne un
album intero?
M: E' una passione che nasce sin da
bambino. Ho portato dentro al disco un'esperienza di vita. Non ho
deciso improvvisamente che mi piaceva quell'epoca, semplicemente mi
sono accorto che tutte le cose che facevo erano in qualche modo
legate a quel periodo, dai dischi che trovavo a casa da bambino, al
mondo delle automobili, ai film, alla cultura e alla controcultura.
E' un mondo che mi ha sempre affascinato. Per anni ho fatto blues, a
tal punto da definirmi un rappresentante del movimento blues
italiano. Anche se lo adoro tutto'ra, mi sono accorto che è una vita
che ascolto moltissime altre cose e tutte appartengono a quel mondo
musicale del rock e del pop degli anni '60. Sono quindi andato un po'
a “scavare” informazioni, trovando una serie di dettagli di quel
periodo, anche ovviamente grazie ad una serie di collaborazioni con
artisti di quel periodo che ho avuto la fortuna di incontrare e con
cui ho avuto l'occasione di collaborare sia sul disco che in concerti
dal vivo. Mi hanno raccontato, diciamo, in presa diretta tutto quel
mondo musicale e culturale che a me ha sempre attratto, che è sempre
piaciuto. Quindi ho voluto condensare in un disco tutto questa
conoscenza. E' un disco che mi rappresenta veramente in tutto e per
tutto. Musicalmente e anche dal punto di vista della passione per un
determinato tipo di cultura o di mondo, che in passato dal punto di
vista cronologico, ancora si riflette nella vita quotidiana di oggi.
Il tuo nuovo album, oltre ad
essere dedicato agli anni '60 in generale, dedica ogni traccia ad un
anno specifico di quel periodo.
M: E' una successione di eventi che
sono collegati tra di loro, raccontando una storia che non è una
storia di nostalgia di quel periodo, specifichiamo. Anche dal lato
prettamente sonoro e musicale, non è un disco nostalgico, anzi! E'
un disco che suona molto moderno, anche se proprio dal punto di vista
di produzione, il modo in cui l'abbiamo suonato, è alla vecchia
scuola. Abbiamo usato strumenti analogici, prese dirette, strumenti a
fiato, non c'è niente di digitale nella produzione. Non ha per
niente eco di quella sonorità sixties che tutti quanti noi amiamo,
ma che sarebbe impossibile ed inutile riproporre oggi.
Cosa ti aspetti da questo album?
M: Io, siccome sono un'artista, sono
già contento che l'album sia stato realizzato e sia disponibile, che
sia in mano prima di tutto a me e alla band, ai musicisti che hanno
collaborato. Mi aspetto o meglio mi aspetterei, sicuramente, un po'
di interesse verso l'argomento. Lascio il lavoro di diffusione e
promozione a dei professionisti di fiducia. Mi piacerebbe più che
altro, portare dal vivo questo progetto, con la band di otto
elementi, che oggi giorno è importante, dove si cerca di stare al
risparmio. Mi piacerebbe proporre dal vivo un suono ricco, molto
avvolgente e molto variegato, non fatto con strumenti elettronici e
tastini da premere, ma suonando come va suonata la musica.
Il fatto di volerlo suonare live è
un desiderio oppure c'è già qualcosa “in cantiere”?
M: Il disco esce adesso, quindi ancora
non abbiamo potuto fare un'attività di promozione precedente anche
dal punto di vista del live. Però, quest'estate, ci sono diversi
festival in Italia e all'estero, festival di Blues, ambiente in cui
mi sono mosso, negli ultimi venticinque anni mi sono mosso e dove
andrò a proporre proprio il disco dal vivo completamente. Quindi, ci
sarà appunto, la band di otto elementi, le dieci canzoni di “Made
in The Sixties” più altre canzoni del mio repertorio ed un paio di
grandi omaggi agli anni '60 (le canzoni sono state scritte da Mike e
Pete Brown, l'autore delle canzoni classiche dei Cream, Eric
Clapton). Faremo dal vivo anche un piccolo omaggio a Pete Brown con
White Room in versione fiati, back vocal, un arrangiamento molto
particolare.
Sbaglio o la copertina è
ambientata a Londra? La trovo molto figa!
M: Dunque, il disco è concepito sotto
forma di viaggio. Un viaggio che io faccio, non a livello geografico,
ma a livello cronologico, in cui io parto dalla mia città, da
Trieste e arrivo a Londra (l'universo musicale di riferimento è la
Londra, la Londra della seconda metà degli anni '60, dove le cose
cominciano a farsi serie) e che dopo la prima infatuazione pop,
arriva il rock blues serio e attraverso l'Europa e non solo, ma dal
punto di vista, appunto cronologico. Con una macchina anni '60,
arrivo a Berlino, mentre stanno costruendo il muro, poi passo per
Dallas mentre c'è l'assassinio di John Fitzgerald Kennedy e arrivo
sul set mentre esce Ursula Andress dall'acqua con le conchiglie,
arrivo alla Royal Albert Hall al concerto dei Cream e alla fine
arrivo a Londra ad Abbey Roads dove il disco è stato fatto. E' tutta
una serie di richiami ad immagini che ognuno di noi ha ben stampato
nella propria memoria, perchè sono cose che esistono ancora adesso.
Siamo esposti a quel tipo di informazioni culturali; del Presidente
Kennedy se ne parla spessissimo anche adesso, del muro di Berlino se
ne parla ogni giorno, perchè non è soltanto il muro di Berlino, ma
è un muro quotidiano di cui si parla in qualsiasi parte del mondo
nei confronti dei fatti che stanno succedendo.
E' un viaggio che ho fatto dal vivo a
Londra ma è un immagine non tanto legata a Londra come punto di
arrivo, di un viaggio ma come punto di arrivo di un viaggio musicale,
quello sì. Siccome sarebbe stato impossibile gestire le fotografie
originali, di gestire i diritti, allora ho deciso che forse era
meglio dipingere, disegnare quelle immagini. Fortunatamente, ho avuto
l'occasione di conoscere, un grandissimo illustratore italiano che si
chiama Romeo Toffanetti, che è il disegnatore di fumetti di alto
livello come “Nathan Never”, anche lui uomo anni '60, che ha
saputo rendere perfettamente quel tipo di immagini in una serie di
illustrazioni. Sul cd, infatti, sono contenute nel libretto
all'interno ma nella versione vinile sono contenute sia nel vinile
che nel poster grande dove tutte queste immagini sono rappresentate
nei minimissimi particolari, quindi grandissimi particolari,
grandissimi colori che ti danno proprio l'idea di cosa stai
guardando. In un decimo di secondo sai già di cosa stai parlando.
La canzone n°5 è dedicata alle
donne più glamour di quegli anni...Chi è stata per te la donna dei
sogni? Quella irraggiungibile?
M: Nel booklet, l'immagine della
canzone è su Ursula Andress che nel film “Licenza di uccidere”,
esce dal mare, su quelle conchiglie con Sean Connery che la guarda,
nell'ultima immagine attraversa la strada di Abbey Roads, Emma Peel
che era un personaggio di una serie inglese che si chiama “Avengers”
che da bambino guardavo molto volentieri però secondo me la persona
più legata all'immaginario collettivo degli anni '60, la donna che
ha la precedenza potrebbe essere...sai che non so? Ce ne sono state
talmente tante! (ride.)
Sto pensando a Marianne Faithfull, sto
pensando a Patty Boyd, la moglie di George Harrison, Brigitte Bardot,
sto pensando a tantissime donne bellissime che hanno dettato la moda,
che hanno dettato proprio uno stile di glamour che ancora viene
ricavato dalla moda quotidiana. Quanti stilisti si ispirano agli anni
'60 ancora oggi?
Nel 1967 e nella traccia n°8 la
parola chiave sembra essere il “cuore”. Quanto è importante,
metterci il cuore nel significato più esteso della parola?
M: Sì, si parla di cuore, sia per un
fattore chirurgico, sia per un fattore sentimentale. Per me, metterci
il cuore, significa tutto. O una cosa si fa con il cuore, o non
bisognerebbe nemmeno iniziarla a fare, per quanto mi riguarda. Una
cosa che la devo amare per farla oppure la farò controvoglia e mi
farà stare male nel farla. Nella vita, ho cercato di eliminare tutta
quella negatività, faccio soltanto quel che mi sento che va fatto,
ma lo faccio con il cuore. Quando fai qualcosa con il cuore, anche
chi ti sta attorno lo sente e comunque accendi un circuito positivo
attorno a te.
Ho provato a fare il bravo ragazzo,
comportarmi come un ragazzo dovrebbe comportarsi. Fino al 1997,
facevo l'avvocato, pensa te, poi però mi sono detto “chissenefrega!
Io voglio fare quel che mi viene dal cuore, non voglio fare le cose
che vanno fatte perchè vanno fatte”.
Abbiamo parlato un po' degli anni
'60...ma del presente musicale cosa ne pensi?
M: Il presente musicale è quasi un
ossimoro, se vogliamo, perchè se guardi le cose di grandissima
qualità musicale che girano adesso, sono cose che peccano del
passato. Se pensi agli ultimi pezzi di Kanye West, Kendrick Lamar,
comunque campionano Ray Charles, cose di un certo tipo del passato.
Se invece vogliamo dire che il futuro musicale sono altre cose...
prendi adesso la trap, che è un po' agli antipodi rispetto a quel
che faccio io, è ugualmente un'espressione musicale e non posso
liquidarla semplicemente dicendo “ah no, che schifo!”. Non potrei
mai farlo. Per cui, ascolto, capisco e vedo di cosa si tratta.
Ovviamente come tutti i generi di musica, che sono rappresentanti di
quel genere, ci sono alcuni artisti che fanno un genere artistico di
altissimo livello e ci sono gli altri che fanno le cose che sono
tutto il contrario, diciamocelo. Questo succede nel rock, nel pop,
succede nella musica classica, succederà sempre. Ci sono quelli che
si escono con musica fantastica e altri che invece no.
Io comunque cerco di tenermi aggiornato
su tutto ciò che esce, apprezzo molto un certo tipo di cantautorato
italiano (es. Brunori Sas), penso appunto ad artisti come Kendrick
Lamar, Kanye West, forse invece è il mondo del rock che sta un po'
soffrendo, perchè si ha diciamo questa antipatia verso il mondo
della chitarra elettrica che sta passando un po' di moda. Sono
convinto però che tornerà prepotentemente di moda e tutti quanti
abbandoneranno questi computer assolutamente inutili e si compreranno
una bella Gipson Les Paul e spaccheranno tutto.
Domanda di rito: Cosa consigli ai giovani che vogliono intraprendere la propria strada nella musica?
M: Quel che mi sento di consigliare è
quella di perseverare, di non arrendersi a quelle che possono essere
delle difficoltà, che partono dall'apprendimento della musica. Parlo
proprio, dal fatto di imparare a suonare la chitarra, uno strumento o
a cantare fino alle difficoltà di approcciarsi al mondo dei
concerti, delle esibizioni, a capire come gestire un rapporto
discografico.
Fai un saluto ai lettori di Outsider.
M: Faccio un grandissimo saluto ai
lettori di Outsider e a voi Outsiders. Vi auguro di comprare il mio
disco a copie, copie, copie e vi auguro di poter partecipare ad un
mio concerto!
Ringraziamo Mike per aver portato un
po' di anni '60 tra i lettori di Outsider ed oltre ad ascoltare il
suo nuovo album “Made In The Sixties”, vi invitiamo a
partecipare, il 16 Luglio allo showcase presso la Mondadori MegaStore
di Piazza Duomo, dove Mike Sponza alle 18.30 presenterà appunto il
suo album di inediti.